L’Edicola di Gigi*

L’Edicola di Gigi*

di Alfredo De Giuseppe —

Un giovedì normale, il 4 giugno del 2025, Gigi De Francesco decide di chiudere la storica edicola di Piazza Pisanelli a Tricase. Avviata dal padre Vito, appena finita la seconda guerra mondiale, è rimasta ininterrottamente aperta per 80 anni, sempre nello stesso luogo, un sottoscala del campanile del Convento di Domenicani. Uno spazio angusto, piccolo, sempre strabordante di riviste, giornali e ora anche di giocattolini.

La sua chiusura va ben oltre la fine di un’epoca, detta asetticamente come si potrebbe dissertare di un qualcosa fuori moda, della fine della carta stampata, dell’inizio ufficiale dell’era dell’Intelligenza Artificiale. No, va alla radice di un modus vivendi, di una socialità, di una gentilezza dell’essere che ci appaiono lontani, sfumati nel tempo, come gocce disperse nell’aria.

Nel 2000, un’epoca che ci appare già remota, sul libro “Ore 8, sotto l’orologio” così scrivevo in premessa:

Da una seria ricerca socio/linguistica si è scoperto che l’aggettivo più usato a Tricase è “normale”. Sul concetto di normalità potremmo scrivere a lungo: non giungeremmo, probabilmente, ad una conclusione accomodante. O forse si, basta accettare il tutto come banale, come consuetudine e l’atteggiamento più controverso, diventa normale.

Per questo ho eletto un unico luogo come il crogiolo della normalità tricasina. Alle otto di ogni mattina un caffè veloce, veloce come si prende solo in certi paesi del Sud Italia. (In piedi, come necessità, senza tavolini, senza colazione. Anni fa i proprietari dei due bar del centro pensarono bene di mettere delle sedie e dei tavoli e si adeguarono a quella cosa chiamata servizio: gli incassi non aumentarono di una lira)… C’è un convento dei domenicani e un campanile, sul quale circa un secolo fa misero un bell’orologio, segno della meccanica che avanzava. L’orologio funziona ad intermittenza, anni si e anni no. Di fronte c’è un’unica torre, annessa al castello dei Gallone. Il torrione è oggi sede della Pro-Loco e il castello del Municipio. Alle otto, dicevo, caffè e giornale, commenti su tutto, grida e cattiverie, notizie sempre fresche. L’incontro è sotto l’orologio: deve essere sembrato, nell’ultimo secolo, un buon sistema per darsi un appuntamento, neutro e preciso, maschilista. Senza donne, impegno e ostentazione.

(…) Da allora ho sempre pensato che per fare il regista, il pittore o lo scrittore, si dovesse avere una quotidianità come la mia. La bella quotidianità, quella che oggi osservo negli inconsapevoli personaggi delle otto, sotto l’orologio. Gente che ogni mattina si sveglia con l’unico obiettivo di andare nello stesso posto in cui ci va da decenni, va ad incontrare le stesse persone, con le quali non è legato da un vincolo di amicizia: al massimo ci si può offrire un caffè e commentare in piedi i fatti del giorno. Se un avvenimento è davvero importante o divertente va di voce in voce, e, senza che si sappia chi l’abbia detto, è già a conoscenza di tutti. Comincia così il giorno per chi si è costruito, per necessità o virtù, un mondo preciso, scandito da orari e persone, arricchito dalle novità che difficilmente riescono a scalfirlo.

Il giornalaio

La prima foto spetta di diritto a Gigi De Francesco e al suo collaboratore Amadeo, carabiniere in pensione. Gigi ha ereditato l’edicola dal padre, il mitico Vituccio De Francesco. Se “sotto l’orologio” esiste è anche per merito suo. Un’edicola che più piccola non si può, ricavata in un buco del convento, largo non più di un metro per due. L’edicola per eccellenza, l’edicola pura, dove non si vende neanche una matita, solo giornali e allegati (appesi dove capita e spesso nascosti sotto le macerie). Gigi ha, ogni mattina, la classica attenzione dell’edicolante sotto casa, da commedia anni sessanta, commenti bonari e saluti cordialissimi. Ben alzato, Gigi.

E io davvero ho inseguito per anni quella quotidianità: volevo un giornale, quattro chiacchere con i soliti noti, un caffè veloce, un pasticciotto artigianale, le zeppole a marzo e il gelato ad agosto, due politiche diverse e i soldi per non strafare. L’ho cercata e trovata per brevi periodi, poi sempre sopraffatto da altri impegni, altri progetti, altre persone, altre vite.

Ora Gigi chiude davvero. Ha 75 anni e qualche acciacco di troppo. Ci incontreremo al bar, forse, o una volta con i suoi amici in pizzeria a sfotterci ancora un po’, ma l’impressione, mia e sua, che sia tutto alquanto triste, non più rivedibile, rivisitabile, ricominciabile.

  •  * Pubblicato su “il Volantino” del 07.06.2025
  • Share

Redazione

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ultimi Commenti

  1. Hai ragione Alfredo condivido pienamente quanto scritto e quanto vissuto...abbiamo partecipato ad una serata che rimarrà nella coscienza di molti…

  2. Bell'articolo complimenti...mi piace conoscere altre realtà,e qui sono descritte nel modo giusto...p.s. noi italiani non abbiamo bei ricordi del Belgio..…