Grazie Vito,sei un lettore molto attento...hai fatto un auspicio che sarebbe bello si realizzasse..
Alla scoperta del Kabaddi: uno sport da lasciare “senza fiato”
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Alla scoperta del Kabaddi: uno sport da lasciare “senza fiato”
di Marco Mastroleo – –
Nei recenti giochi delle nazioni asiatiche, tenutisi dal 23 settembre all’8 ottobre nella metropoli cinese di Hangzhou, tra i tanti sport che hanno suscitato la passione e l’entusiasmo del pubblico, spicca il Kabaddi, una curiosa disciplina, nata in India 4mila anni fa, che, dopo aver ottenuto la massima popolarità nel continente asiatico, a piccoli passi sta superando le barriere sportivi dei monti Urali, imponendosi anche nel vecchio continente soprattutto grazie al suo mix unico di strategia, tattica e agilità.
Nella lingua hindi la parola “Kabaddi” vuol dire “trattenere il respiro”; in origine era un prova di addestramento militare con cui le reclute misuravano la loro forza, la loro destrezza e la loro capacità di resistenza; è iniziato poi a diventare un gioco agonistico con l’istituzione di federazioni e tornei locali; compare come semplice esibizione alle Olimpiadi di Berlino nel 1936; viene incluso ufficialmente nel programma dei Giochi Asiatici dal 1990 e da lì raggiungerà la massima fama a livello continentale – basti pensare che la Pro Kabaddi League (PKL) Indiana è diventata una delle leghe professioniste più seguite nel paese – e, in seguito, all’esplosione a livello internazionale. Dal 2010 nella disciplina, inizialmente per soli uomini, sono state introdotte le competizioni femminili.
Il Kabaddi è uno sport di contatto nel quale si affrontano due squadre da sette giocatori ciascuna, in due metà campo opposte; a turno le due squadre inviano nella metà campo avversaria un giocatore, detto “raider”, con il compito di toccare, con mani o piedi, un giocatore della squadra rivale e di tornare nella propria metà campo per marcare un punto. Nel caso in cui l’attaccante venga ripreso o placcato dalla difesa avversaria il punto andrà a quest’ultimi. Per completare l’azione i giocatori hanno a disposizione trenta secondi, ma, in origine, come d’altronde conferma il suo etimo, lo scandire del tempo offensivo era dato dal ripetere continuamente “kabaddi kabaddi kabaddi” trattenendo il fiato fino allo sfinimento.
In Italia, seppur in numero esiguo e di certo non sotto la luce dei riflettori, esiste qualche comunità di giocatori di Kabaddi, soprattutto tra gli immigrati indiani e pakistani, che hanno importato nel nostro paese la conoscenza e la passione per questa disciplina.
Come detto all’inizio questa disciplina sicuramente continuerà a crescere col passare degli anni e conquisterà sempre più attenzione mediatica e l’interesse globale, grazie all’attrazione per la sua natura dinamica, l’interazione di squadra coinvolta e lo spirito di combattività che esso incarna. Questo sport inoltre sa allenare la capacità di pensare rapidamente per sconfiggere gli avversari, combinando velocità e potenza fisica, e anche la resistenza mentale, poiché i giocatori devono essere in grado di gestire la pressione durante il gioco.
Il Kabaddi ha un brillante futuro davanti a se.
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