Ricchi ricchissimi e poveri poverissimi

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Ricchi ricchissimi e poveri poverissimi

di Serena Laporta —

Negli stessi giorni in cui un video di @MiddleEastEye  diffondeva le immagini di un bambino di Gaza che mangiava la sabbia urlando  tra le lacrime “ “Stiamo mangiando la sabbia. Non c’è cibo per noi, vogliamo la farina. Abbiate pietà di noi. Non abbiamo cibo, stiamo mangiando la sabbia invece di un pezzo di pane” siamo stati inondati dalle indiscrezioni sul matrimonio del secolo. Cronisti accorsi da tutto il mondo sono giunti a Venezia e tra misure di sicurezza imponenti hanno cercato in ogni modo di sfondare la falsa cortina di riservatezza dell’evento, le seconde nozze di Jeff Bezos,  uno degli uomini più ricchi del mondo, che da ricco ovviamente può scegliere come e dove meglio spendere la sua ricchezza.  Aldilà delle  proteste anticapitalistiche-ambientaliste  e le polemiche  da rotocalco circa la opportunità di tenere l’evento proprio a Venezia, fragilissima di suo, ma ormai completamente prostituita agli eventi glamour e al turismo di bassa, alta e altissima lega,  rimane lo sbigottimento  tra la sfrontata esibizione del potere della ricchezza  di Bezos  e il baratro in cui è finita l’umanità che contemporaneamente permette che un bambino  muoia di fame e mangi sabbia.

Ma la ricchezza fa più notizia della miseria, viene censita e classificata, viene studiata analizzata ed emulata, oltre che invidiata. Diviene materia prima su cui lucra una larghissima fetta della comunicazione, e ovviamente alimenta l’industria del lusso che a sua volta crea altri ultraricchi alle spalle di lavoratori poverissimi a cui restano solo montagne di scarti tossici di lavorazione su cui brucano gli ultimi della terra.

E così in ogni paese, in ogni continente e in tutto il mondo ogni anno si stila l’ultima “Classifica dei ricchi”.

La storia ci racconta che l’uomo più ricco di tutti i tempi sia stato Mansa Musa, imperatore del Mali tra il tredicesimo e quattordicesimo secolo. Si stima che il suo patrimonio ammontasse a 400 miliardi di dollari grazie al commercio di oro e sale che fece di Timbuctu il centro dell’Africa. Il Mali produceva talmente tanto oro che l’imperatore intraprese il suo pellegrinaggio alla Mecca con una carovana di 8.000 persone, centinaia di dromedari e alcune tonnellate d’oro, talmente tanto oro da provocare un’inflazione per decenni nel vicino Egitto.  Straordinariamente però la più grande ricchezza del Mali di Mansa Musa fu il fiorire di scuole e biblioteche e da quest’ ultime possiamo conoscere la storia di questo paese che ora, sette secoli dopo, risulta tra i più poveri del mondo, con un reddito medio annuo per lavoratore corrispondente a 1.500 dollari. Possiamo dedurne che qualunque ricchezza, seppur sterminata, non è eterna.

Anche quest’anno  abbiamo il più ricco del mondo, Forbes ha stilato  la sua classifica in cui per la prima volta i miliardari noti sono più di 3.000, con il podio detenuto da Elon Musk, patrimonio 342 miliardi di dollari, Mark Zuckerberg  con 216 miliardi di dollari, Jeff Bezos con 215 miliardi di dollari, fino al più povero dei ricchi,  al tremilaventottesimo posto, l’italiano Luigi Cremonini allevatore di bovini, tutti ancora indietro a Mansa Musa.

Per entrare in questa speciale classifica, che  vediamo incrementarsi ogni anno, occorrono  speciali requisiti. Quando si cominciarono a stilare le classifiche mondiali, nel 1987, per entrarci bisognava possedere almeno  6.000 volte la ricchezza del cittadino medio americano, poi si è passati a 18.000 volte, ora siamo molto oltre.

Siamo in presenza di ricchezze estreme, il più delle volte ricchezze che generano ricchezze  attraverso l’accumulo passivo di rendimenti sulla ricchezza esistente piuttosto che sul  lavoro o l’ingegno imprenditoriale e non esiste,  al momento, un limite a quanta ricchezza una singola famiglia o un singolo individuo possano accumulare.  Siamo arrivati a celebrare i primi triliardari della storia moderna, Musk, Zuckerberg, Bezos, Arnault, che ci deliziano con le loro lussuose eccentricità, ma soprattutto possono, e riescono, a influenzare direttamente fondamentali scelte politico-economiche, strategiche e sociali di tutto il pianeta, oltre ad esercitare un pernicioso effetto diretto sui mezzi di comunicazione. In questa speciale classifica ci sono uomini e donne, vecchi e giovani, occidentali e orientali, bianchi neri, con occhi a mandorla, azzurri o scuri, quindi tutto lo spettro umano è qui rappresentato.  Oltre a questa classifica dei più ricchi, si stilano ogni anno  classifiche dal mondo dello spettacolo, della tecnologia, dello sport e tante altre inutili statistiche fino a  quella del paese più felice del mondo in cui tutta l’umanità vorrebbe emigrare, se potesse.

Tra le tante però, non abbiamo ancora una classifica dell’uomo più povero del mondo, dei primi tre, o trecento o tre milioni o miliardi,  non conosciamo i loro nomi, non c’è nessuno che li conti, che li cerchi e che li analizzi, sappiamo solo che  esistono  e che aumenta il divario, i ricchi sempre più ricchi e in crescita numerica e i poveri sempre più poveri e in crescita numerica, nessun travaso di risorse, nessuna redistribuzione.  

La povertà però ha un suo catalogo che comprende quella estrema, mancanza assoluta di tutto,  e quella relativa, mancanza di risorse sufficienti per avere un ruolo sociale e diritti suppletivi  come il diritto allo studio. Nel 1990 la Banca Mondiale formulò una soglia di povertà estrema, cioè la quantità minima di denaro necessaria a una persona ad acquistare cibo e beni di sussistenza  per sopravvivere ogni giorno, che in quell’anno era fissata a 1,25 dollari al giorno, poi  portato a 1,90 dollari per giorno e fino ai nostri giorni a 2,15 dollari al giorno ; esiste poi un limite per definire la povertà totale,  per i Paesi a basso reddito  il limite è fissato  a 3,65 dollari e per i Paesi a reddito medio-alto la soglia è di 6,85 dollari al giorno,  ovvero 2.500,00 dollari l’anno, l’Italia è tra questi ultimi.  Il parametro fissato  dalla Banca Mondiale dovrebbe  servire ai governi per  dare priorità a interventi volti a ridurre la povertà, confrontarsi con in redditi di altri  paesi e con altre politiche sociali, nel tentativo di equilibrare le diseguaglianze, ma è rimasta fondamentalmente una misura etica,  il riconoscimento del  limite al di sotto del quale una società non dovrebbe permettere a nessuna famiglia e a nessuna persona di scendere. E nonostante la disuguaglianza dei redditi possa essere mitigata da misure come il salario minimo o la tassazione progressiva, nessun governo, incluso il nostro,  sembra intenzionato a mettere un freno  all’accumulo della ricchezza estrema, anzi siamo dinanzi al tentativo palese dello  stesso presidente degli Usa che con il supporto di un folto clan familiare è impegnato in una dannata corsa all’arricchimento personale, senza che questo scandalizzi minimamente il resto del pianeta.  Sappiamo che al momento non esiste un modo, un movimento realmente progressista, né alcuna idea per arginare le diseguaglianze e ridurre la povertà, non compare alcuna proposta nota  su come porre una soglia, un limite di estrema ricchezza. Quindi non  avremmo bisogno di un altro parametro?  Non dovrebbe esserci   una  linea di demarcazione equivalente per l’altra estremità dello spettro,   il punto oltre il quale una società non dovrebbe permettere a nessuna famiglia e a nessun individuo di accumulare ricchezza estrema,  limite  oltre il quale le decisioni dei governi  dovrebbero intervenire affinché le diseguaglianze non lacerino il tessuto sociale, non minino la concorrenza e soprattutto non influenzino la politica?   Non potrebbero i governi intervenire per aumentare le aliquote fiscali dei ricchi oltre soglia?  Non possono creare norme fiscali e successorie che impongano di donare in beneficienza la ricchezza eccedente? Non si può limitare l’eredità di un bambino ultra ricco in favore di uno o un milione  estremamente povero?

Mentre glorifichiamo la ricchezza estrema, perché è glamour, è moda e modello, maschera e tragedia insieme, siamo caduti nelle grinfie di autocrati  e oligarchi per i quali la povertà è un reato, diviene reato quando se ne vuole sfuggire, quando il povero si sposta in cerca di condizioni più umane. La fame di bambini che non hanno dichiarato la guerra a nessuno è diventata un mezzo per eliminarli prima che diventino adulti carichi di odio, i migranti privi di carta verde  sono imprigionati per privarli dell’unico loro avere, la disperazione. Tutto l’occidente è in preda ad una frenesia e investirà centinaia di miliardi in armamenti e sistemi difensivi mentre si adopera in ogni modo, con in testa il nostro governo, per  silenziare i bisogni e  liberarsi dei poveri, dei miserabili, i paria, i migranti.   I poveri devono essere evacuati, come scorie, come rifiuto tossico, devono andare in discarica lontano dai nostri occhi,  in centri di smistamento, in prigioni con fossati e alligatori, in campi profughi. I poveri sono e saranno sempre quanto di più inutile inservibile e inguardabile la specie umana produca. Salvo concedere ad alcuni di loro il privilegio di raccogliere pomodori in campi infuocati. Sono le contraddizioni del nostro tempo.  Come contraddittoria è la limitazione della tassazione alle big tech, come contraddittorio è il dorato matrimonio veneziano di Bezos che pur vantando il proprio impegno in difesa dell’ambiente e della lotta al cambiamento climatico donando 10 miliardi di dollari al Bezos  Heart Fund, cioè a se stesso, e da Amazon promette di diventare carbon neutral entro il 2040, mostra che non c’è spesa che i super ricchi non pagherebbero per il loro piacere, imponendo le loro stravaganze  a coloro da cui traggono le loro ricchezze illudendoli di portare benefici e concedendo il privilegio della loro presenza.   Come contraddittorio  è il charity washing    che tutti i ricchi oltre soglia praticano con  donazioni milionarie a organizzazioni no profit  nei paesi ricchi piuttosto che in quelli poveri, paesi il cui Pil è inferiore ai bilanci delle stesse organizzazioni. La presunta magnanimità dei super ricchi non produce alcun effetto reale sulla povertà estrema, ma serve solo per creare simpatia e sostegno ai presunti benefattori, e mettere a tacere le loro coscienza.

L’ultimo rapporto Istat ci restituisce un  deprimente dato stabile della povertà assoluta in Italia, che nel 2024 si assestava al 9,7% della popolazione ovvero 5,7 milioni di italiani che non possiedono la quantità minima di denaro per beni di sussistenza primari, ma è al 23,1 la povertà relativa con rischio di esclusione sociale. Li conosciamo? Li vediamo? O preferiamo voltarci sempre dall’altra parte ad ammirare i nostri splendidi paesaggi?

L’ultimo rapporto della Banca Mondiale  del 2024 stima, per difetto, che i poveri estremi nel mondo sono meno di un miliardo, di cui la metà  bambini e adolescenti, e nei paesi in guerra le privazioni si acuiscono e le sofferenze sono amplificate dalla crudeltà. 

Il matrimonio di Bezos, ma potrebbe essere di qualunque altro ricco oltre soglia, con tutto il suo carico di cocktail alla Grande Gatsby, di suites  grondanti ori veneziani, di jet privati notoriamente i mezzi più inquinanti, di yacht di centinaia di piedi ancorati nella fragile laguna, è lo specchio della disonestà dei ricchi, e dei governi da essi sostenuti e finanziati, è  l’evento clou della stagione dell’ingiustizia e della menzogna.

Essere poveri, poveri estremi o relativi non vuol dire essere cattivi, non vuol dire essere stupidi, inferiori, delinquenti, stupratori, borseggiatori.

Essere imprigionati nella privazione costante di cibo come il bambino di Gaza è l’abuso più grande del diritto umano.

La povertà è sia l’effetto che la causa della violazione di diritti umani, il cui solo rispetto può permettere  di liberarsene, smettere di essere poveri non è solo l’accesso alla ricchezza, è il diritto a non essere isolati, a non essere impotenti ed esclusi, ad avere accesso alle informazioni e ai servizi di sostegno, ad avere diritto a un alloggio dignitoso, a un lavoro dignitoso, ai servizi sanitari, alla scuola e all’apprendimento per tutta la vita, a non essere costretti a vivere in zone degradate e violente, o degradate e remote, poter avere accesso ai servizi essenziali come l’acqua, il riscaldamento, l’elettricità, cibo sano, abiti dignitosi, essere in condizione di non essere sfruttati ed essere obbligati a  entrare nell’illegalità, non provare sulla propria pelle il razzismo e la discriminazione, poter partecipare ad una vita di relazione, avere eguali diritti di giustizia dei ricchi, avere libertà politiche e di opinione.

Ma i super ricchi investono centinaia di milioni per sostenere campagne elettorali confidando in scelte politiche che consentano loro un ritorno in termini economici e di reputazione, creano fondazioni caritatevoli e centri di ricerca su cui attraggono investimenti colossali, mentre appoggiano tagli alla sanità pubblica,  al welfare, al sostegno dei redditi,  alla cultura, alle università e alla libera informazione e libera circolazione delle merci e delle persone, e se ne fregano del cambiamento climatico  che non subiscono e non soffrono, come non se ne fregano che il bambino di Gaza mangi sabbia,  salvo che  la povertà,  se non lenita con politiche di emancipazione economica e di inclusione, crei inevitabilmente emarginazione e violenza diventando un rischio per la società tutta.  Gli sforzi per eliminare e contenere la povertà estrema non possono rimanere solo  una questione di beneficienza o di buona volontà  di tante organizzazioni locali e  internazionali che in questi giorni vengono minacciate ed escluse dalla possibilità di soccorso nei luoghi di miseria, di instabilità politica e di guerra, ma deve essere il principio ineludibile  degli Stati più ricchi  di adempiere all’ obbligo del rispetto  dei diritti umani.

Fonti: Forbes.com ;  Istat_Rapporto povertà 2024;   Banca Mondiale data.worldbank.org ;   www.unhchr.ch;Council of Europ   https://www.coe.int/en/web/portal

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