Umberto Eco spiegava l’eterno fascismo

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Umberto Eco spiegava l’eterno fascismo

di Serena Laporta – – –

Nell’aprile del 1995  Umberto Eco  venne invitato a tenere un simposio  alla Columbia University, la stessa dove oggi si arrestano gli studenti che manifestano per la Palestina e che occupano le biblioteche per i tagli ai finanziamenti pubblici, ed era lì per celebrare la LIBERAZIONE DELL’EUROPA dal nazifascismo, in quel grande paese che non ne aveva conosciute le nefandezze ma che oggi è avviluppato dal medesimo denso fumo nero,  e vi tenne un discorso memorabile “ Noi siamo qui per ricordare ciò che accadde e per dichiarare solennemente che “loro” non debbono farlo più”.  In questi giorni abbiamo celebrato gli ottant’anni da quella liberazione, un tempo lunghissimo, un tempo di pace e di euforia del benessere che ora evapora dinnanzi ai nostri occhi senza lasciar intravedere alcuna alternativa plausibile, nessun tentativo di innalzare l’argine alla gigantesca rimozione collettiva del FASCISMO ETERNO teorizzato da Eco in quel simposio, divenuto fondamentale capitolo dei Cinque scritti morali, e infine piccolo scrigno che vaga per il mondo da solo.

Il discorso di Eco, il  Fascismo Eterno  venne pubblicato subito dopo il simposio dalla  The New York Review of Books e  in Italia nel 1997,   anni dopo l’esperienza  newyorkese, e  anni prima del ritorno  delle destre populiste europee,   ma poiché il made in Italy anticipa le mode, in quel momento la Storia ci aveva traghettato nella seconda  Repubblica  consegnandoci al  Popolo delle Libertà, la coalizione di centrodestra in cui di nuovo c’era un partito separatista-federalista, la Lega Nord, oggi in totale incoerenza trasformatosi in partito nazionalista che non ricorda le sue origini, figuriamoci la Storia, un partito centrista con un gigantesco conflitto di interessi, privatissimi, e la destra vera erede del fascismo seppur con il naso incipriato, coalizione che in  quelle due fatidiche e sacre  parole, popolo e libertà, portava in nuce quella  che Eco definisce  una “sgangheratezza ordinata” del fascismo, parole oggi  fatalmente consonanti con populismo  e liberticidio.

Nel Fascismo Eterno, oltre che  ripercorrere la sua formazione e presa di coscienza del fascismo, che aveva conosciuto da adolescente, e del nazismo studiato negli anni successivi,  Eco illustra, motivandolo,  il proprio convincimento che il fascismo è eterno, è insito nella natura umana, è nelle origini, inossidabile e indistruttibile  e sempre ritornerà  ed elenca le caratteristiche  dei suoi fautori e sostenitori, che nel nostro tempo  riscontriamo nei tanti grandi e piccoli duci , Putin, Trump, Salvini, Kim Jong-Un, Orban  e tanti altri.  Da uomo e intellettuale acuto, ci avvisa che le caratteristiche dei fascisti tuttavia «non possono venire irreggimentate in un sistema; molte si contraddicono reciprocamente, e sono tipiche di altre forme di dispotismo o di fanatismo. Ma è sufficiente che anche una sola di loro sia presente per far coagulare una nebulosa fascista»

  1. Culto della tradizione, negazione dell’avanzamento del sapere, sincretismo: «Il fatto stesso che per mostrare la sua apertura mentale una parte della destra italiana abbia recentemente ampliato il suo sillabo mettendo insieme De Maistre, Guénon e Gramsci è una prova lampante di sincretismo» (pag.36);
  2. Rifiuto del modernismo, della modernità, dell’Illuminismo e del razionalismo;
  3. Culto dell’azione per l’azione, irrazionalismo, sospetto per la cultura e per il mondo intellettuale: «…intellettuali fascisti  principalmente impegnati nell’accusare la cultura moderna e l’intellighenzia liberale di avere abbandonato i valori tradizionali.» (pag.38);
  4. Rifiuto della critica: «il disaccordo è tradimento»;
  5. Paura della differenza, razzismo;
  6. Consenso dettato «dalla frustrazione individuale o sociale» tipico delle classi medie inclusa la nuova piccola borghesia (i vecchi “proletari”);
  7. Ossessione del complotto, xenofobia e antisemitismo «I seguaci debbono sentirsi assediati.» (pag. 40),
  8. I nemici sono al tempo stesso troppo forti e troppo deboli;
  9. Il pacifismo è collusione col nemico;
  10. Disprezzo per i deboli, elitismo popolare: «Ogni cittadino appartiene al popolo migliore del mondo, i membri del partito sono i cittadini migliori, ogni cittadino può (o dovrebbe) diventare un membro del partito» (pag. 43);
  11. Eroismo e culto della morte. «L’eroe Ur-Fascista è impaziente di morire. Nella sua impazienza, va detto in nota, gli riesce più di frequente far morire gli altri.» (pag. 44);
  12. Machismo «(che implica disdegno per le donne e una condanna intollerante per abitudini sessuali non conformiste, dalla castità alla omosessualità)» (pag. 45);
  13. Populismo qualitativo Tv o Internet, «in cui la risposta emotiva di un gruppo selezionato di cittadini può venire presentata e accettata come la “voce del popolo”» (pag.46), anti-parlamentarismo;
  14. Uso della “neolingua”: lessico povero, sintassi elementare.

Eco parlò agli studenti americani poco dopo l’attentato neonazista a Oklahoma City che provocò 168 morti di cui 19 bambini, e in quel clima di tragedia proponeva l’obiettivo di decifrare il presente e progettare il futuro attraverso l’analisi del passato. Delinea  esattamente chi sono i fascisti e come riconoscerli,  sono essenzialmente degli ipocriti, che si nascondono dietro la facciata di comodo delle scelte sociali, dei principi di partito e del voto popolare, mentre vorrebbero   “riaprire Auschwitz”,  magari in Albania,  vorrebbero “marciare di nuovo in camicia nera su Roma”,  o magari cantare Faccetta Nera durante le adunate degli Alpini, o rispondere con vigore Presente! alle commemorazioni dei morti, o imporre di non sventolare bandiere di Paesi martoriati dalla guerra, o schedare fornaie che onorano il 25 aprile. Ora tutto questo avviene senza indugio e senza vergona.  Il FASCISMO ETERNO  è qui, è intorno a noi, è tornato. Fascista è l’agitatore caotico e incoerente,  incarnato dal nostro minuscolo Salvini,  o  il bulimico emanatore di editti come Trump, un invidioso  superbo, narcisista rancoroso e crudele come l’altro, Putin. I fascisti nel nostro tempo sono quelli di sempre, sono nazionalisti, sono suprematisti, sono razzisti, sono ideologi della vendetta, sono guerrafondai, bigotti tradizionalisti, sono orgogliosi, sono corrotti, sono bulli colmi di autostima accoccolati con fierezza sugli scanni del Parlamento.

Eppure ogni anno il 25 aprile continuiamo a festeggiare la liberazione dal fascismo e  il 9 maggio continuiamo a festeggiare la  Giornata dell’Europa, per celebrare, con sempre meno convinzione,  la pace e l’unione,  ma vediamo più divisioni  che unioni e l’Europa pensata dai fondatori appare condannata ad una irreversibile senilità politica, con lo sguardo più volto al passato che proteso ad immaginare il futuro,  il nostro paese in prima linea nel processo di revisione e rimozione.

Nel pellegrinaggio a ritroso intrapreso dal vecchio  continente noi siamo il cuore asfittico e  malandato del corpo in  declino dell’anziano.  Questa inversa processione  di devozione e fede a destra  e penitenza a sinistra conduce inesorabilmente ad un revanscismo da pollaio in cui, secondo l’ordine gerarchico  di beccata,   tutti i ranghi,  fino ai gradi più alti della classe politica,   si adoperano giorno e notte a manifestare il giubilo e l’onore  della stantia vittoria intossicando l’aria con la lingua che conoscono, il lessico povero e la sintassi elementare di Eco, che li contraddistingue,  portando come  gloriosi vessilli le espressioni   “rosica” , “rosicate” corrispondenti  grosso modo ai nostri più limpidi   “suca” e “sucate”.

Eppure eravamo stati illusi, in un tempo non troppo lontano, che qualche incursione aldilà dei patrii confini  avesse lasciato traccia della cultura dei  Galli  o dei Britanni  quando abbiamo udito un miles ingloriosus  vantarsi di praticare la misteriosa arte del  threesome,   salvo che anche il pollame debba rispettare le sue  rigide gerarchie e la Gallina Madre desumeva dal Cambridge Dictionary che trattavasi di  “an act of three people having sex together “ , quindi  inferocita vibrasse una beccata fatale al miles, a cui la vanteria costò il pollaio.

Ma pure quelli che oggi rosicano hanno usato la stessa patacca, il medesimo scempio espressivo in assenza di più consone posture, così anche Renzi si è guadagnato il Dizionario Treccani giacché   ebbe ad affermare “Nel mondo c’è fame di Italia, non credete ai rosiconi” e riferendosi a Beppe Grillo “Come se dice a Roma? Sta a rosicà”, quindi non c’è da stupirsi,   significa che  in piazza di Montecitorio il vocabolario adottato dalle classi in corso, più o meno elementari,  sia questo. Come ebbe a dire il grande Heinrich Heine “I Romani non avrebbero mai avuto il tempo di conquistare il mondo se fossero stati prima obbligati ad imparare il latino”

Coloro che oggi con  malcelato livore e poco sottinteso godimento invitano i vinti a rosicare e a ingurgitare potenti digestivi e antiacidi sono stati essi stessi rosicatori, rosiconi, hanno covato per anni il piacere triste dell’invidia, anticamera della vendetta, il desiderio di avere una cosa che apparteneva ad altri,  e cosa ancora più frustrante per loro, di raggiungere lo  status degli altri, appropriandosene per distruggerlo, proprio attraverso il “populismo qualitativo” e il “lessico povero e sintassi elementare” codificato da Umberto Eco.

Ma le lingue, i linguaggi, possono modificare il modo in cui guardiamo il mondo. La nostra bussola mentale può non riuscire a orientarci, a ricordare la direzione cardinale verso cui siamo diretti se ogni giorno ascoltiamo chi ci amministra pronunciare frasi strampalate, preferibilmente volgari e preferibilmente sessiste, così ci vien da ridere. Chi  governa ci somministra quotidianamente lo stillicidio del nuovo gergo, il veleno del nuovo patriottismo, paravento del solito nazionalismo, la Storia letta dalla prospettiva opposta alla direzione di pace e unione verso cui siamo diretti, e l’Unione Europea percepita  come una scomoda  eredità  culturale etica e giuridica che intralcia i piani ambigui di  paesi suprematisti a cui  la nostra presidente del consiglio dichiara tutta la propria amicizia personale e la convinta  vicinanza politica, in  definitiva ci narrano  l’Europa come il nemico da abbattere, come da abbattere sono, a piccole martellate, sotterranee picconate, al sistema democratico e di pace, alla libertà di stampa e di espressione, alla libertà di protestare contro guerre e fame, alla libertà di proteggere indifesi ed emarginati, al diritto universale alla cura, al diritto al lavoro e all’equo compenso, fino al diritto di caricatura.  E l’ineffabile ministro Giuli, in pieno “rifiuto della critica”  tenta con mediocri risultati di far crollare l’ultimo fortino, la satira, il termometro della mentalità,  la storia di come vediamo la Storia, una fonte attendibile e irripetibile di sentimento  popolare che per esistere ha bisogno della tacita e intelligente complicità dei destinatari, ma il ministro dimenticando il precetto “ materia poco degna, meglio non approfondire” di un intellettuale pur di lui limitrofo e sicuro ispiratore, Renzo De Felice, si lascia andare compiaciuto all’infelice battuta “a sinistra rimangono i comici “ che chissà se avrà fatto ridere almeno il suo gatto.

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Redazione

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Ultimi Commenti

  1. Grazie Vito,sei un lettore molto attento...hai fatto un auspicio che sarebbe bello si realizzasse..

  2. Bravo Michele tutto corretto quello che hai scritto, c'è bisogno di responsabilizzazione di tutti coloro che hanno il potere decisionale…

  3. Bellissimo articolo,,speriamo possano leggerlo in tanti ... è un' ottima guida per i carenti di empatia verde ...

  4. Troppo grande, Alfredo! Devi trovare il mo di farla arrivare veramente ai destinatari questa "supplica" che non può che essere…